Il 20 novembre, nella splendida cornice di Villa Wolkonsky, residenza romana dell’ambasciatore britannico, Anna Luzzi (quarta da sinistra nella foto), fondatrice e direttrice della scuola di lingue AM Royal School di Andria, ha conquistato il terzo posto nella categoria "Language school that makes a difference" alla nona edizione dei Preparation Centres Awards. Giovane insegnante e imprenditrice, Anna ha fondato una scuola che si distingue non solo per l’eccellenza nell’insegnamento delle lingue, ma soprattutto per l’attenzione all’innovazione didattica e per l’adozione delle certificazioni Cambridge, incluso il recente approccio agli esami Digital Young Learners. L’abbiamo incontrata per farci raccontare la sua storia e la visione che anima la sua scuola.
Anna, raccontaci qualcosa di te e di come è nata AM Royal School.
Sono direttrice e insegnante di inglese presso AM Royal School, ad Andria, quindi nel Sud Italia. La mia scuola nasce sicuramente grazie a una passione che mi porto dietro sin da bambina, perché ho sempre amato insegnare. In particolare, ho sempre voluto trasmettere la mia passione e il mio sapere. Paradossalmente però, ci sono anche stati dei momenti in cui ho detestato l’inglese, finchè, alle medie, ho trovato un insegnante che me l’ha fatto amare, al punto da spingermi a scegliere il liceo linguistico. Una volta al liceo, però, non mi venne trasmessa quella passione che cercavo. Per fortuna, anche lì ho incontrato un docente madrelingua, che mi chiese: 'Tu cosa fai effettivamente per crescere linguisticamente? Leggi i giornali? Ascolti musica in inglese? La traduci? Ti nutri di lingua inglese?'. A quel punto pensai: beh, effettivamente non faccio tutto questo. Quello fu per me un punto di svolta e di autocritica su me stessa. E da lì ho iniziato davvero ad alimentare la mia passione per l'inglese, utilizzando le canzoni e gli articoli che trovavo online, e proseguendo con gli studi universitari in lingue e letterature straniere. È stato lì che ho deciso di fondare una scuola che potesse trasmettere agli altri la mia passione. Conservo ancora un ricordo indelebile di quando un mio collega universitario mi disse: 'Tu, nel tuo paese, vuoi aprire una scuola di inglese? Non funzionerà mai.' Nonostante questo, ho inseguito il mio sogno e sono riuscita ad aprire una scuola, che nasce non solo per espandere la conoscenza dell’inglese, ma anche francese, tedesco e spagnolo.”
La tua scuola ha una forte impronta innovativa. Cosa significa per te innovare nella didattica?
“Per me innovare vuol dire non fermarsi mai. Ho sempre cercato di arricchirmi come insegnante, soprattutto sulle metodologie, perché io stessa, da studentessa, ho sofferto quando l’inglese non mi arrivava. Ho capito che in classe bisogna sempre variare e arricchire. Oggi nella nostra scuola usiamo non solo metodologie tradizionali, ma anche flipped classroom, 4 corners e, da quest’anno, abbiamo introdotto la realtà virtuale. I nostri studenti con il visore possono, ad esempio, camminare per New York o immergersi in ambienti anglofoni che altrimenti non potrebbero conoscere. Questo li motiva tantissimo e li spinge ad usare l’inglese in modo naturale.”
Alcuni genitori temono che la tecnologia possa allontanare i ragazzi dal contatto umano o dalla socialità. Come rispondete a queste perplessità?
“Sorrido perché effettivamente questa è stata una delle prime reazioni di qualche genitore. La mia risposta è semplice: la tecnologia non sostituisce il docente, ma lo affianca. Non è che mettiamo un visore e lasciamo soli i ragazzi. Io sono lì con loro, vedo ciò che vedono e intervengo quando necessario. Il software stesso ad esempio chiede di ripetere quando la pronuncia non è corretta e lì entra in gioco l’insegnante per dare subito un feedback e aiutare a correggere l’errore. Chiaramente questa è solo una delle metodologie che adottiamo in classe, con la quale stiamo ancora sperimentando per capire come inserirla all’interno delle lezioni, ma finora abbiamo ottenuto ottimi risultati.”
Parliamo ora delle certificazioni Cambridge. Che ruolo hanno nella vostra scuola?
“Sono parte integrante del percorso. Noi abbiamo creato dei veri e propri ‘corsi Cambridge’, suddivisi per livelli dall’A2 Key fino al C2 Proficiency, finalizzati alle certificazioni Cambridge. Inoltre, ci occupiamo anche dei più piccoli con i percorsi Young Learners, partendo dal Pre A1 Starters. Accompagniamo i ragazzi nel tempo, anche dopo che hanno lasciato la scuola, perché per noi la certificazione è un investimento a lungo termine. Recentemente, anche tramite un video, abbiamo riportato l'esperienza di due nostri alunni “veterani” che abbiamo accompagnato dalla scuola elementare fino all'università, dove loro stanno facendo medicina in inglese. Uno dei due sta facendo la LUISS a Milano dove requisito essenziale era la certificazione C2 Proficiency. Per questo è fondamentale che quello delle certificazioni sia un cammino costante: la certificazione linguistica è un investimento a lungo termine e l’obiettivo è costruire un percorso che porti gli studenti, negli anni, a ottenere risultati importanti.”
Negli ultimi anni avete adottato anche il formato digitale degli esami, compresi i Digital Young Learners. Perché questa scelta?
“Sì, da un paio d’anni proponiamo anche gli esami Digital per i livelli da A2 Key in su, e da quest’anno proporremo anche sessioni Digital Young Learners. Ho spiegato alle famiglie che non c’è nulla da temere, anzi, è un’avventura. Viviamo in un’epoca sempre più digitale e la scuola deve adeguarsi. I vantaggi sono notevoli: per i più grandi significa ricevere risultati più rapidi, elemento cruciale per chi deve rispettare scadenze universitarie o di application. Per i bambini, invece, è un’esperienza che abbatte la paura dell’esame, parola che li spaventa davvero. Grazie alla modalità interattiva e giocosa, lo vivono come un’avventura, quasi senza accorgersi che stanno effettivamente sostenendo un esame.”
Cosa ti auguri per il futuro della tua scuola e dei tuoi studenti?
“Il mio augurio è che la scuola continui ad essere un punto di riferimento sul territorio, che i ragazzi possano vivere l’apprendimento delle lingue non solo come un obbligo scolastico, ma come un’opportunità. Vorrei che tutti potessero dire: 'Mi diverto e imparo' — è questo che, secondo me, deve essere l’inglese e più in generale l’apprendimento.”
Autore: Gabriele Scollo – Content Marketing Executive, Cambridge University Press & Assessment, Italy
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